Avevano contraffatto una carta d’identità per far giocare sotto falso nome un tesserato squalificato, che romperà il setto nasale al direttore di gara con una testata. Una vicenda finita non bene per il presidente, il dirigente accompagnatore e un calciatore, titolare del documento falsificato, di una società del crotonese, condannati dal giudice penale con l’abbreviato a pene dai 10 agli 8 mesi di reclusione per i reati di sostituzione di persona in concorso e falsità materiale. Era stata invece stralciata la posizione del soggetto che aggredì l’arbitro, che nell’ottobre 2015 aveva patteggiato una pena di 4 mesi di reclusione.
I fatti trattati nel fascicolo riguardano una partita del campionato di Prima Categoria calabrese del 2014.
Il direttore di gara ha ricevuto supporto dalla sua famiglia arbitrale nella difesa in giudizio; infatti è stato assistito dall’avvocato Marco Maiorano, oggi Presidente della sua Sezione, Paola, nel programma di difesa della Commissione Esperti Legali, per cui il Referente della Calabria è l’avvocato Vincenzo Camposano, della Sezione di Crotone, che ha partecipato anch'egli alle udienze del processo.
«La pronuncia del Tribunale di Crotone – ha commentato Valerio Di Stasio, Presidente della Commissione - è motivo di soddisfazione per il Presidente Marcello Nicchi, per il Vice Presidente Narciso Pisacreta e per il Comitato Nazionale che da anni stanno profondendo tutte le energie per la lotta alla violenza sugli arbitri. Soddisfazione anche per la Commissione Esperti Legali che aggiunge un altro importante risultato, in quanto la sentenza solca in modo tangibile il lavoro che da anni quest'ultima svolge in difesa dei direttori di gara. Nel caso di specie non vi è stata solo la condanna dell'autore di un fatto violento contro un arbitro, ma di tutti coloro i quali hanno consentito la partecipazione alla gara di un calciatore sotto falso nome. Le azioni proseguiranno in sede civile per ottenere il risarcimento nei confronti dell'arbitro; un coraggioso collega che da subito si è dimostrato determinato nel denunciare quanto gli era successo – ha concluso Di Stasio - supportato benissimo e sotto ogni aspetto dalla sua Sezione. Ovviamente, l'auspicio è che episodi del genere non accadano più e che il calcio si limiti ad essere un gioco e non un momento per commettere azioni illecite e negative».
Un malcostume diffuso nei campionati di calcio dilettantistici quello di fornire documenti falsi al fine di far giocare gente squalificata o non tesserata, traendo in inganno l’arbitro e tentando di vincere la partita in modo fraudolento, ma con questo precedente i dirigenti di società, già consapevoli dei rischi che corrono con la giustizia sportiva, sono avvisati sulle ripercussioni che possono avere anche nel penale.
Un articolo più dettagliato su questa vicenda sarà pubblicato prossimamente sulla Rivista “L’Arbitro”.
(aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)