Sezione di Monza
Ci sono pochi sport in Italia che stanno avendo il tasso di crescita del Calcio a 5: palazzetti sempre più pieni, maggiore visibilità su stampa, televisioni e web, aumento esponenziale del livello del gioco. Non più dunque solo una versione minore del cugino a 11, ma uno show in cui si esibiscono alcuni dei giocolieri più abili col pallone tra i piedi, uno spettacolo di forza, di tecnica e di movimento incessante. A raccontare questa crescita agli arbitri della Sezione di Monza è stata Chiara Perona della Sezione di Biella, arbitro internazionale di Calcio a 5. Dopo una breve presentazione introduttiva, Chiara ha ricordato un dato ovvio ma che spesso sfugge: il Calcio a 5 è lo sport più praticato in Italia. Certo, sotto forma di calcetto del lunedì sera tra colleghi o tra amici, ma è comunque un’esperienza che praticamente tutti hanno provato. La sfida è dunque quella di elevare questo passatempo al rango di sport riconosciuto e rispettato, e i risultati sono senza dubbio positivi.
Nella parte centrale della Riunione Tecnica Obbligatoria, Chiara Perona si è soffermata sulle differenze e sulle somiglianze tra i regolamenti del Calcio a 5 e a 11. Perché se è vero che i falli cumulativi, le sostituzioni “volanti”, il portiere di movimento sono specifiche del Futsal, è anche vero che il mito del Calcio a 5 come sport in cui si punisce ogni contatto è da sfatare. Il giuoco è sempre più fisico e di conseguenza anche l’attenzione degli arbitri deve aumentare per reprimere il giuoco duro e le manifestazioni di antisportività. Prendere dunque decisioni difficili in poco tempo, con il fiato degli spettatori sul collo. Nei palazzetti, il concetto di “campo per destinazione” semplicemente sparisce e il contatto con pubblici spesso tutt’altro che tranquilli è immediato. Per Chiara, in più, la difficoltà di essere un arbitro donna in un mondo che fatica a liberarsi di qualche pregiudizio di troppo.
Chiara Perona ha voluto anche sottolineare l’importanza della collaborazione tra i due arbitri che dirigono una gara. Nella mole di eventi che vanno controllati qualcosa può sfuggire, un giocatore che sa di essersi meritato un’ammonizione può sparire, una panchina può dare problemi. Spetta allora sempre all’arbitro non direttamente coinvolto sapere cos’è avvenuto e intervenire prontamente: ma questo richiede un grado di concentrazione estremo. In campo internazionale, poi, le cose si complicano: le coppie non sono sempre della stessa nazionalità e questo richiede una totale sintonia e codificazione precisa di gesti, frasi, segnali. L’ultimo riferimento di Chiara è stato all’alto livello della scuola arbitrale italiana, i cui raduni nazionali sono selettivi, specifici e tecnicamente precisi e i cui formatori (Massimo Cumbo su tutti) hanno una competenza unica e una straordinaria capacità di trasmettere i concetti salienti. La visione di video, l’analisi di situazioni specifiche e l’autovalutazione sono pratiche fondamentali per raggiungere l’eccellenza arbitrale e alzare il livello delle proprie prestazioni, cose che nel mondo arbitrale italiano sono di pratica comune ormai da tempo. Un arbitro italiano viene dunque già preparato in patria a quelle che saranno le metodologie di lavoro dell’UEFA.
Bella anche la conclusione della lezione tecnica, in cui Chiara Perona ha mostrato agli associati monzesi le migliori giocate della recente Coppa del Mondo: immagini senza dubbio spettacolari che hanno lasciato in tutti i presenti la sensazione di aver toccato con mano la crescita di un movimento verso cui si è inevitabilmente attratti.
(aut. Tribunale di Roma n. 499 del 01/09/1989)